La spondilolistesi consiste nello scivolamento completo o in parte di una vertebra sull’altra.Il termine, coniato da Kilian nel 1854, deriva dal greco σπόνδυλος che significa vertebra e ο̉λίσθησηις, che significa scivolamento su di un piano inclinato.
Il tipo di maggiore rilevanza clinica in soggetti al di sotto di 40 anni è quella nella quale la lesione è sita nell’istmo o nella pars interarticularis. Comunque, displasia e alterazioni dell’orientamento delle faccette articolari sono le cause più rilevanti nell’eziologia e molte altre condizioni permettono lo scivolamento di una vertebra su di un’altra. Questo è valido per il tratto lombare, sebbene la malattia possa localizzarsi anche nel tratto cervicale; pochi articoli esistono, invece, circa la localizzazione toracica.
Classificazioni
Classificazione eziologica di Marchetti e Bartolozzi suddivide le spondilolistesi in due grandi categorie:
1) Dello sviluppo:
a) alta displasia con lisi o con elongazione;
b) Bassa displasia con lisi o elongazione;
2) Acquisita:
a) traumatica;
b) post-chirurgica;
c) patologica;
Classificazione di Meyerding valuta il grado di scivolamento:
1° grado lo scivolamento è inferiore al 25%;
2° grado è inferiore al 50%;
3° inferiore al 75%;
4° l’entità della traslazione anteriore può raggiungere il 100% (spondiloptosi);
Sintomi
Spesso la severità della spondilolistesi non correla con l’intensità della sintomatologia algica. I sintomi cardine della spondilolistesi sono rappresentati dal Low Back Pain meccanico, che peggiora coi movimenti e migliora con il riposo, e l’irradiazione del dolore agli arti inferiori. I pazienti spesso notano un aggravamento del dolore durante i passaggi posturali (dalla posizione seduta a quella eretta). Meno frequentemente sono i seguenti sintomi: il Back Pain discogenico che peggiora con la posizione seduta e la flessione in avanti del tronco, il dolore faccettale che peggiora con l’iperestensione e la stazione eretta, e la claudicatio neurogena, da stenosi secondaria che spesso si associa. Spesso si può osservare un difetto di andatura, ovvero per retrazione degli ischiocrurali presenti nell’80% dei pazienti, la gamba è rigida, il passo breve e si associa a rotazione pelvica.
Diagnosi
La diagnostica delle spondilolistesi si avvale di 4 tipologie di esame complementri fra di loro:
RX lombo-sacrale statica e con prove dinamiche in flesso-estensione: consente di porre diagnosi di spondilolistesi e di misurarne l’entità. Consente inoltre di evidenziare la mobilità dei segmenti vertebrali nei movimenti di flessione ed estensione del tronco;
RMN lombo-sacrale: evidenzia le condizioni delle strutture nervose all’interno del canale vertebrale consentendo di identificare eventuali compressioni sul sacco durale o sulle radici nervose;
TC lombo-sacrale: complementarmente alla RMN documenta in modo inequivocabile le alterazioni ossee alla base della listesi;
Elettromiografia degli arti inferiori: registra indirettamente una eventuale sofferenza delle radici nervose lombari “intrappolate” dalla listesi.
Trattamento
La maggior parte dei pazienti affetti da spondilolistesi possono essere trattati conservativamente. Infatti, soprattutto le forme di I-II grado rappresentano negli adulti una condizione benigna, dove la progressione dello scivolamento si ha solo nel 30% dei pazienti. Lo scopo del trattamento conservativo è quello di rinforzare la muscolatura del tronco per ridare stabilità alla colonna, rieducare il paziente a mantenere una postura adeguata. In fase acuta, quando il quadro clinico è dominato da una costante lombalgia, l’elemento più importante della terapia è un adeguato periodo di riposo a letto associato ad opportuna somministrazione di antinfiammatori e miorilassanti. Regredita la fase acuta si insegnerà al paziente ad eseguire esercizi isometrici per i muscoli del tronco, specialmente la muscolatura addominale, quella respiratoria ed esercizi attivi per la muscolatura degli arti superiori. Può essere utile anche l’impiego di busti ortopedici.
Se le peculiarità anatomo-patologiche del rachide lombo-sacrale degenerativo sono rappresentate dall’impegno radicolare (stenosi) e/o dall’instabilità (segmentaria o globale), non vi è dubbio che gli obiettivi del trattamento debbano essere la decompressione e la stabilizzazione. Nelle instabilità segmentarie la strategia chirurgica va quindi indirizzata allo studio della corretta strategia di strumentazione ed al raggiungimento della stabilità biologica, tramite artrodesi. L’instabilità del segmento di moto va risolta chirurgicamente con un intervento mirato a conseguire la stabilità definitiva biologica (artrodesi). L’approccio posteriore per il trattamento della spondilolistesi e della instabilità segmentaria è quello rappresentato dal fissaggio transpeduncolare e dalla fusione. Quest’ultima è raggiungibile o per via intersomatica (PLIF, TLIF) o per via postero-laterale, o combinando entrambe le vie.
L’approccio anteriore (ALIF) prevede una metodica transperitoneale più complessa e con maggiori complicanze post-operatorie ed una metodica extaperitoneale che prevede lo scollamento della faccia anterolaterale del peritoneo e la sua retrazione. Generalmente tale via è contemplata solo in casi di olistesi di basso grado dove l’obiettivo principale è la stabilizzazione e la fusione senza la decompressione. Negli ultimi anni le procedure di inserimento delle viti trans peduncolari possono essere eseguite per via mini-invasiva e percutanea con un recupero post-operatorio più veloce e una più precoce mobilizzazione del paziente.